(“Testi ottenuti dalla trascrizione di interventi svolti durante la personale, che non hanno avuto una seconda revisione da parte degli autori.” )
L’opera di Carlo Alberto Tessarolo dimostra un’avventurosa e acuta profondità su territori esituazioni culturali molto diverse. I quadri ultimi sono quelli che, a mio avviso, mi coinvolgono maggiormente; gli altri hanno già avuto delle interpretazioni estremamente puntuali e determinanti.
Questo perché è un caso, a mio avviso, alquanto singolare. Da dove proviene questa pittura? Qual è la matrice linguistica? Che cos’è questa materia d’immagine che si trova nelle evanescenze di una sapienza tonale che recupera l’eredità della grande pittura del passato? Lui non è né un artista simbolista, ma un artista che direi visionario. In quale senso?
Nel ’51, un grande, anzi direi il padre dell’informale, Michel Tapié, che viveva a Venezia, andava completando, finito poi a Parigi nel ’52, il volumetto decisivo chiamato «L’arte autre».
Arte e altra è, a mio avviso, anche la matrice che sta dietro questi vellamenti e disvellamenti immaginativi che si addensano in una pittura che ha abissali risonanze, sia emotive che concettuali.
Credo che, se non si renda conto di qual è quindi il plafond culturale da cui proviene questa pittura, forse qualche aspetto di sé ci venga in qualche maniera a mancare, e non si segua l’evoluzione anche stilistica che lui fa dalle opere precedenti alle ultime.
Cosa c’è allora dietro a questa pittura? Direi da Friedrich a Tàrdor, persino da Klein a Fuseli.
Eppure lui, che io so, ha frequentato l’ambiente di Manina, cioè un certo clima surrealista, opposto al surrealismo, che ha avuto a Venezia peraltro una grande importanza e di cui mi dispiace che non si dia il rilievo storicamente meritevole; vuol dire che ha avvicinato, in quegli anni, quelle che erano in fondo le premesse teoriche del surrealismo. Ma non è neanche surrealista.
Resto in questa definizione che io vorrei dare, appunto, come visionaria, cioè di una componente in cui la materia d’immagine si fa sempre per sé stessa un qualcosa che rimane misteriosamente ancora da riscoprire. E allora non frammenta l’immagine, non va oltre a quella che è l’orizzonte del percepibile, ma, cogliendo quello che è il principio fondamentale dell’arte oltre, fa propria la dimensione della trasmutazione, della trasformazione: di un lento, distillato divenire in cui la materia che si fa immagine porta l’immagine a farsi ancora materia dell’inaudito, forse dell’ineludibile. Ed è questa componente poeticamente segreta che mi pare il sigillo più importante del suo lavoro.
Toni Toniato nasce a Venezia nel 1931. Artista, poeta, storico e critico d’arte, ha insegnato storia della critica d’arte a Firenze e storia dell’arte contemporanea a Urbino e poi a Venezia, dove è stato direttore dell’Accademia di Belle Arti. Ha partecipato al Movimento Spaziale di Lucio Fontana. Ha fondato e diretto la rivista d’arte contemporanea: Evento delle arti (dal 1955 al 1964). È stato presidente della Fondazione Bevilacqua La Masa (1980-87) e due volte commissario alla Biennale Internazionale d’arte di Venezia per la quale cura importanti mostre. Ha al suo attivo innumerevoli pubblicazioni tra queste ilCatalogo generale dei dipinti di Virgilio Guidiedito da Electa nel 1997.